
Altri due volumi di grande formato, sempre poi riproposti in edicola, concluderanno questa trilogia di Revolution, che nell’ottica del rilancio della testata si affianca all’annunciata nuova miniserie che nel 2019 riproporrà la versione originale di Mister No.
L’idea di base di Revolution è il classico what if?; in questo caso gli autori hanno traslato in avanti di una generazione la nascita del personaggio, così anziché negli anni ’30, Jerry Drake cresce nei tumultuosi anni ’60 e soprattutto diventa un reduce del conflitto in Vietnam, anziché della Grande Guerra.
Rape, murder! It’s just a shot away
Se è vero che tutte le guerre sono orribilmente uguali nella loro drammaticità, certamente il conflitto del Vietnam, nell’immaginario collettivo, assume una connotazione di rilievo. Più vicino nel tempo, le cui ragioni di fondo risultano meno condivisibili rispetto a quelle che videro gli USA entrare nel secondo conflitto mondiale, ampiamente “celebrato” nella cultura pop, in primis dalla settima arte. P
robabilmente a Michele Masiero è venuto naturale pensarlo come teatro ideale per rinarrare le origini di un personaggio come Jerry Drake, anche perché quello del Sud Est asiatico fu l’ultimo conflitto per cui gli Stati Uniti istituirono la leva obbligatoria, e la coscrizione era l’unico modo per non tradire gli ideali del personaggio, come sarebbe successo se si fosse utilizzata una campagna militare condotta da forze volontarie, come la guerra del Golfo.
L’incipit della storia avviene in medias res, con Mister No e i suoi compagni impegnati in territorio vietnamita nel dicembre del 1967, mentre nel corso della narrazione assistiamo a una serie di flashback che vanno a narrare gli eventi immediatamente precedenti l’arruolamento.
La collocazione nell’etichetta della casa editrice destinata ad un pubblico più maturo permette a Masiero di sviluppare il suo racconto senza doversi limitare eccessivamente, rappresentando quindi gli orrori della guerra in maniera piuttosto cruda ed esplicita. Il nucleo centrale della storia si caratterizza infatti per uno sfoggio di violenza, fisica e psicologica, abbastanza disturbante, restituendo un affresco delle dinamiche del conflitto che ricorda, per le sensazioni che riesce a evocare e per la tensione creata, il capolavoro di Michael Cimino Il cacciatore.
I tell you love, sister, it’s just a kiss away

È in questa linea temporale che si può muovere un appunto alla trama, che ricade in qualche cliché di troppo. Nulla però che possa inficiare un racconto peraltro solido e che non soffre di incoerenze, che anzi è ben congegnato e gode di una sapiente gestione del ritmo, cosa affatto scontata se consideriamo la struttura dell’intreccio.
Il rischio, quando si decide di portare avanti una storia utilizzando tanti flashback, è di ritrovarsi con una narrazione confusionaria o che comunque richieda impegno per aver chiara la fabula alla fine della vicenda; in questo caso invece Masiero, anche grazie a quelle finezze con cui collega le scene, riesce a rendere praticamente indolori i passaggi fra le diverse linee temporali, il cui alternarsi diventa più serrato verso il finale, fino a chiudere la storia in maniera ciclica, collegandola di fatto all’incipit.
Pop Art
Il lavoro svolto ai disegni da Matteo Cremona, coadiuvato ai colori da Luca Saponti e Giovanna Niro, contribuisce in maniera determinante alla riuscita del nuovo Mister No. La composizione delle tavole è variegata e aumenta il piacere di lettura, grazie a una scansione delle vignette in grado di sottolineare con efficacia il ritmo del racconto. Tra gli aspetti meglio riusciti possiamo certamente citare la recitazione dei personaggi e la dinamicità delle inquadrature, aspetti che si influenzano a vicenda con un risultato appagante.

Lungo il racconto, l’autore comasco dà poi sfoggio di un uso delle inquadrature capace di creare dinamicità, rallentando o accelerando il ritmo in base al frangente.
Per esempio nella scazzottata fuori dal ristorante (pp.18-20) la mossa chiave di Mister No è scomposta attraverso tre vignette poste al centro della tavola che mostrano gli istanti più significativi, in modo che l’attenzione possa concentrarsi sulla sua esecuzione, coi personaggi che ruotano dinamicamente attorno al punto di vista, che rimane fisso.
Nella sequenza delle tavole da pagina 69 a 74, invece, la tensione è inizialmente costruita attraverso l’inclinazione dell’orizzonte, in modo da ottenere una sensazione di angoscia e claustrofobia, amplificata anche dalla colorazione cupa. Nella parte finale è invece l’inquadratura a girare attorno ai personaggi, per poi confluire nella pagina finale dove il crudo epilogo della scena fa da sfondo a delle vignette che invece si concentrano sugli intensi primi piani dei personaggi.
Buono poi il lavoro di documentazione del disegnatore, che riproduce con dovizia di particolari tanto i mezzi e le armi usati in Vietnam, come il celebre elicottero Huey e i fucili M-16 e M-60, quanto gli scorci urbani di New York, come Washington Square e il Bridge Park di Brooklyn. Non pare invece all’altezza la caratterizzazione dei commilitoni di Mister No, un po’ anonimi, e i chiaroscuri che compongono i drappeggi degli abiti, in più di un caso poco convincenti.
Dal canto loro, Niro e Saponti arricchiscono la narrazione attraverso una colorazione molto varia, adeguata alle diverse ambientazioni che fanno da sfondo alla trama del fumetto. Probabilmente si può muovere un appunto alla sequenza dell’attacco dei Viet Cong, nella quale i colori troppo accesi mal si adattano alle condizioni meteo e alla collocazione notturna della scena.
Per il resto, si segnala l’ottima gestione delle ombre, la resa della lussureggiante vegetazione della giungla, così come la palette scelta per i flashback risulta particolarmente evocativa, con un connubio di tonalità tendenti al seppia ben contrastato da colori che virano verso il ceruleo. Degna di nota poi la cura che i due coloristi hanno riservato alla resa della profondità di campo, con effetti di foschia e di rifrazione della luce molto ben realizzati che si apprezzano anche nelle vignette più piccole, ma si sublimano nelle misure più grandi e a tutta pagina (pp. 8, 36)

Da vecchio lettore dell’originale, ritrovo infatti in questa sua nuova versione i tratti principali che ne hanno fatto la fortuna: l’istintività, l’incoscienza, la caparbietà, la lealtà, il suo essere malinconicamente fuori posto. Emblematico in tal senso il finale, con il protagonista che si fa largo andando in senso contrario all’immensa folla, sulle parole di Allen Ginsberg: quale immagine migliore per descrivere uno che si chiama Mister No?
Abbiamo parlato di:
Mister No Revolution: Vietnam
Michele Masiero, Matteo Cremona, Giovanna Niro, Luca Saponti
Sergio Bonelli Editore – Audace, 2018
144 pagine, cartonato, colori – 21,00 euro
ISBN: 9788869613227

Scusami, ma la guerra originaria di Mr. No era quella di Corea e lui si muoveva nell’Amazzonia degli anni ’50. Come fai a scrivere sul personaggio senza sapere ste cose? Vabbè ho visto l’ articolo due anni dopo, saluti
Ciao, grazie del commento!
A noi risulta corretto quanto scritto, infatti dalla pagina https://www.sergiobonelli.it/sezioni/399/il-mio-nome-e-mister-no
“La prima apparizione “pubblica” di Jerry Drake risale al 1936: il nostro giovane anti-eroe, circa quattordicenne, vive a New York con il padre, Jerome senior, professore, mentre della madre non si sa niente.”: quindi il personaggio nasce negli anni ’30.
Continuando: “Mister No viene assegnato al 59° Stormo, presso la tranquilla base filippina di San Manuel. Nel dicembre dello stesso 1941, l’attacco giapponese alla base U.S.A. di Pearl Harbour segna l’inizio “ufficiale” della guerra per gli americani. ” “Aggregato alla 31^ Divisione, 3° Battaglione, Compagnia C, nel periodo fra gennaio e marzo del 1942 il soldato Drake partecipa alla ritirata di Bataan…”: quindi parliamo della Seconda Guerra Mondiale. Anche perché la Guerra di Corea avvenne tra il 1950 e il 1953 e le date non tornerebbero.
Una precisazione.
Giuseppe, credo tu sia stato tratto in inganno.
Nel n. 2 originale della serie, Mister No spiega le origini del soprannome dicendo che gliel’avevano dato negli ultimi mesi del servizio militare. Nel corso degli anni si viene a sapere che a chiamarlo così per primo fu il colonnello giapponese Saiko durante un violento interrogatorio (Il mio nome è Mister No, 1987). Ragion per cui sulla ristampa del n. 2 la vignetta viene modificata nel testo.
Alla guerra di Corea prende parte e muore un secondo Mister No: è un ragazzo che affascinato dall’ex soldato americano sceglie il suo nome e se lo scrive sull’elmetto. La differenza è nel modo di scrivere il nomignolo: Mr. No, mentre Drake si firma sempre Mister No. (fonte Wikipedia)