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Lectio magistralis: “Bretagna” di Pierre Wazem

3 Gennaio 2017
Ristampato da Editoriale Cosmo, "Bretagna" di Pierre Wazem è un’opera magistrale e un corso accelerato sull’importanza narrativa del tratto.
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La riproposta da parte della Editoriale Cosmo con un’edizione da edicola di Bretagna di Pierre Wazem è un’occasione importante per scoprire o riscoprire una delle prime opera di un grande autore purtroppo poco presente nei cataloghi degli editori italiani.

L’inizio di Bretagna è un esempio da manuale di come fare fumetti e comunicare con il non detto, con il segno.
Seguiamo brevemente la vestizione e l’arrivo di un vecchio ufficiale dell’aeronautica francese, Le Cahé, a quello che viene presto spiegato essere un ricevimento in onore suo e di un suo camerata, Filasque, unici sopravvissuti del loro plotone di una missione in Africa durante la Seconda Guerra Mondiale.

Le prime pagine sono disegnate con uno stile veloce, non definito, come un bozzetto. Solo linee sottili, spezzate e che escono dai bordi. Niente neri a riempire gli spazi, nessuna prospettiva e un senso della profondità reso solo con figure meno dettagliate e dall’utilizzo di tratti più leggeri e radi. I volti sono resi con linee quasi astratte che sottolineano uno o due dettagli. Tutto così risulta frastagliato, confuso, come un brusio di sottofondo.
Le uniche macchie di nero sono le divise d’ordinanza di Le Cahé e Filasque: questo fa spiccare le loro figure in confronto al resto. Non meno confuse o più a fuoco, ma piuttosto più pesanti. Come pesante è facile immaginare sia il fardello dei ricordi che quelle divise rappresentano.

Andando avanti con il ricevimento, le vignette si riempiono con i baloon dei discorsi ripetitivi e sostanzialmente vuoti di un ufficiale che intende celebrare più l’ardire della forza militare francese che i due sopravvissuti; baloon che letteralmente sembrano invadere lo spazio e il cui contenuto appare però tanto labile quanto i contorni delle figure che stanno ad ascoltare. Così sono le didascalie che seguono i pensieri di Le Cahé a scandire i tempi, con testi asciutti, brevi, dal tono stanco e riflessivo contrapposto all’ampolloso linguaggio miliar-politico dell’oratore.
Il lettore viene così portato quasi inconsapevolmente a leggere sempre più distrattamente le parole del comizio per cercare invece le riflessioni del protagonista, immedesimandosi nella sua stanchezza, nel suo disincanto.

Quando inizia l’atteso flashback, il cambio è netto: è il nero a dominare le vignette, le prime addirittura quasi completamente, mentre il giovane Le Cahé si risveglia; adesso sono la sua figura e i dettagli di una stanza a stagliarsi in bianco sopra lo sfondo nero delle pareti in penombra. Ora le linee sono spesse e decise e, pur nello stile di Wazem ‒ uno stile che ricerca la sintesi e delinea volti ed espressioni con pochi tratti ‒ tutto appare ben riconoscibile, materiale, solido. Questa, sembra dire l’autore, è la realtà. O meglio, la realtà dei ricordi del protagonista, comunque ancora più forti e decisi del suo presente.

Il racconto della missione aerea che segue è la storia di uno scontro di un manipolo di uomini con la durezza del deserto, con il suo bianco vuoto e implacabile, con la fame e la sete, con la disperazione e la paura di non rivedere i propri cari.
Un susseguirsi di eventi che precipitano verso il dramma in maniera implacabile, mentre i volti di uomini uniti dal fato si fanno sempre più scuri, le parole nervose, la lontananza da casa insopportabile, la rigida gerarchia militare sempre più insensata.


Il deserto è un orizzonte calmo che si risveglia nella rabbia della tempesta. Le tavole assecondano la sua imponente estensione di nulla con vignette larghe e basse, con il contrasto tra la luce calda e accecante, che sembra consumare i bordi dei soggetti che si fanno sottili e meno definiti, e le lunghe ombre che sottolineano il passaggio del tempo e gli sguardi bassi e pensierosi degli uomini.
Il drammatico finale, tutt’altro che eroico, sottolinea che qualcosa, nei due uomini sopravvissuti, si è rotto per sempre dopo quello che hanno fatto.

Le ultime pagine tornano al presente, alle linee spezzate e confuse, al vuoto dei rimorsi e della consapevolezza che quanto fatto non sarà mai perdonato dal giudice più severo di tutti: la loro coscienza.

Abbiamo parlato di:
Bretagna
Wazem
Traduzione di
Editoriale Cosmo, dicembre 2016
192 pagine, brossurato, bianco e nero – 6,90€
ISBN: 9788869113161

Ettore Gabrielli

Ettore Gabrielli

Classe 1977, toscano, programmatore. Ha scritto articoli per Kaos (Nexus Editrice), Rumore, Anteprima (PAN), ComicSoon (Tespi) e ComicUs.it. Nel 2009 ha pubblicato il libro-intervista Lezioni di fumetto: Corrado Mastantuono (Coniglio Editore), ristampato nel volume Cargo Team (Editoriale Cosmo). Ha co-condotto il programma radiofonico Bar Shibuya per Radio Diffusione Pistoia. Nel 2002 fonda Lo Spazio Bianco, magazine dedicato al fumetto tra i più longevi e seguiti in Italia, di cui è tuttora direttore editoriale e per cui ha scritto centinaia di articoli e condotto svariate interviste. Ha collaborato con alcune delle principali manifestazioni fumettistiche in Italia come Napoli Comicon, BilBolBul di Bologna, Treviso Comic Book Festival, Romics oltre che con realtà come Italia Wave, Fumo di China, Radio Cusano, lo Spine Temporary Small Press Bookstore di Bari e tante altre. Nel 2021 ha fatto parte della giuria dei Lucca Comics Awards.

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