La riproposta da parte della Editoriale Cosmo con un’edizione da edicola di Bretagna di Pierre Wazem è un’occasione importante per scoprire o riscoprire una delle prime opera di un grande autore purtroppo poco presente nei cataloghi degli editori italiani.

Seguiamo brevemente la vestizione e l’arrivo di un vecchio ufficiale dell’aeronautica francese, Le Cahé, a quello che viene presto spiegato essere un ricevimento in onore suo e di un suo camerata, Filasque, unici sopravvissuti del loro plotone di una missione in Africa durante la Seconda Guerra Mondiale.
Le prime pagine sono disegnate con uno stile veloce, non definito, come un bozzetto. Solo linee sottili, spezzate e che escono dai bordi. Niente neri a riempire gli spazi, nessuna prospettiva e un senso della profondità reso solo con figure meno dettagliate e dall’utilizzo di tratti più leggeri e radi. I volti sono resi con linee quasi astratte che sottolineano uno o due dettagli. Tutto così risulta frastagliato, confuso, come un brusio di sottofondo.
Le uniche macchie di nero sono le divise d’ordinanza di Le Cahé e Filasque: questo fa spiccare le loro figure in confronto al resto. Non meno confuse o più a fuoco, ma piuttosto più pesanti. Come pesante è facile immaginare sia il fardello dei ricordi che quelle divise rappresentano.
Andando avanti con il ricevimento, le vignette si riempiono con i baloon dei discorsi ripetitivi e sostanzialmente vuoti di un ufficiale che intende celebrare più l’ardire della forza militare francese che i due sopravvissuti; baloon che letteralmente sembrano invadere lo spazio e il cui contenuto appare però tanto labile quanto i contorni delle figure che stanno ad ascoltare. Così sono le didascalie che seguono i pensieri di Le Cahé a scandire i tempi, con testi asciutti, brevi, dal tono stanco e riflessivo contrapposto all’ampolloso linguaggio miliar-politico dell’oratore.
Il lettore viene così portato quasi inconsapevolmente a leggere sempre più distrattamente le parole del comizio per cercare invece le riflessioni del protagonista, immedesimandosi nella sua stanchezza, nel suo disincanto.

Il racconto della missione aerea che segue è la storia di uno scontro di un manipolo di uomini con la durezza del deserto, con il suo bianco vuoto e implacabile, con la fame e la sete, con la disperazione e la paura di non rivedere i propri cari.
Un susseguirsi di eventi che precipitano verso il dramma in maniera implacabile, mentre i volti di uomini uniti dal fato si fanno sempre più scuri, le parole nervose, la lontananza da casa insopportabile, la rigida gerarchia militare sempre più insensata.
Il deserto è un orizzonte calmo che si risveglia nella rabbia della tempesta. Le tavole assecondano la sua imponente estensione di nulla con vignette larghe e basse, con il contrasto tra la luce calda e accecante, che sembra consumare i bordi dei soggetti che si fanno sottili e meno definiti, e le lunghe ombre che sottolineano il passaggio del tempo e gli sguardi bassi e pensierosi degli uomini.
Il drammatico finale, tutt’altro che eroico, sottolinea che qualcosa, nei due uomini sopravvissuti, si è rotto per sempre dopo quello che hanno fatto.
Le ultime pagine tornano al presente, alle linee spezzate e confuse, al vuoto dei rimorsi e della consapevolezza che quanto fatto non sarà mai perdonato dal giudice più severo di tutti: la loro coscienza.
Abbiamo parlato di:
Bretagna
Wazem
Traduzione di
Editoriale Cosmo, dicembre 2016
192 pagine, brossurato, bianco e nero – 6,90€
ISBN: 9788869113161

