
Abbiamo incontrato Miguel Angel a Napoli Comicon 2007, dove ha ricevuto, nella serata dei premi “Attilio Micheluzzi”, il premio di XL e una menzione speciale da LoSpazioBianco.it, entrambi per la ristampa di “Brian The Brain” edita di Coniglio Editore.
Brian the Brain rappresenta una denuncia molto forte contro il razzismo e l’emarginazione sociale. In questo momento pero’ vorrei chiederle se Brian è stato concepito anche per sensibilizzare i lettori verso le malattie più rare, verso cui c’é una colpevole indifferenza.
L’idea di base è che Brian The Brain rappresenti l’emarginazione del gruppo sull’individuo. Una minoranza è sempre emarginata dal gruppo: sia tu omosessuale, di un colore diverso, più intelligente o più stupido. Brian è una denuncia della pressione della maggioranza sul singolo per qualsiasi ragione lo renda diverso.
Vorremmo a tale proposito ricordare un’altra sua grande opera, ovvero Psicopathia Sexualis. Conosciamo bene anche tutte le vicissitudini legali legate a questo lavoro, una denuncia forte tramite il disegno a tutte le violenze sui bambini, oltre che a tutte le forme di perversione che sfociano in violenza verso gli altri. A distanza di anni, crede ancora che il fumetto sia un valido mezzo di denuncia?
Brian The Brain, come Psicopathia Sexualis, vogliono essere delle forti denunce, ma non dei sermoni, perché io non sono un predicatore. Io parto dalla base che il lettore è una persona intelligente: io non posso dire alla gente cosa fare, posso illustrare loro una determinata situazione e loro poi trarranno da soli le dovute conseguenze.
Sempre a proposito di Psicopathia Sexualis, in Italia sia lei che il suo editore avete avuto grossi problemi per la pubblicazione, tanto da scatenare una campagna di solidarietà in tutto il mondo del fumetto italiano. Ci sono stati problemi analoghi negli altri paesi in cui è stato pubblicato?
In Spagna non ho avuto problemi legali ma l’opera è stata censurata e alcune librerie di fumetti non lo hanno messo in vendita. Il cortometraggio prodotto nel 2000 ha vinto due premi ma il giurato non volle consegnare il premio e la televisione spagnola, sia pubblica che privata, non ha voluto mandarlo in onda.
Volendo fare un parallelo tra le varie nazioni in cui ha pubblicato le sue opere, dove ha trovato la maggiore libertà di espressione?
La Spagna è sicuramente il paese dove ho trovato più libertà, in Francia non ho pubblicato e negli Stati Uniti ho venduto delle copie solo nel mercato “underground”. L’Italia, considerando i cinque anni di processi, è invece in cui ho trovato meno libertà, ma almeno la corte suprema di Roma mi ha assolto da tutte le accuse.
Abbiamo intervistato anche Joan Sfar, al quale abbiamo chiesto del processo alla rivista francese Charlie Hebdo per la pubblicazione delle vignette su Maometto. L’esasperazione nei confronti della satira, il non poter più parlare liberamente della religione e della politica, ha portato a una riflessione che ha giovato alla libertà di espressione o tutte le polemiche hanno solo peggiorato la situazione?
La libertà di espressione deve venire prima di ogni cosa. Io non credo in nessuna religione, ma la libertà di espressione deve essere un diritto fondamentale, non è negoziabile. Le polemiche credo che abbiano fatto bene alla nostra causa, tanto è vero che in Francia la classe politica ha difeso Charlie Hebdo, e la sentenza è stata appellata. Vedremo cosa succederà.
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“Brian The Brain” non è l’uomo del futuro, è la società universale. Vuole mostrare la società come è in ogni parte del mondo, dall’alba dei tempi ad oggi, e come sarà anche nel futuro. In particolare va riferita alla società di oggi, dove stiamo vivendo un neofascismo orwelliano
Brian The Brain è anche la contrapposizione del “buono” (Brian) contro il “cattivo” (società). In quest’ottica, lei crede che la malattia rappresenti per l’essere umano un percorso di espiazione e di purificazione dai difetti che lo affliggono?
Brian è innanzitutto una persona ottimista. È una persona forte, nonostante ne abbia passate di tutte. Io non credo che la malattia renda migliori le persone, credo che sia la natura dell’uomo a fare la differenza.
In Brian i bambini costituiscono una società nella società. Una società malata nello spirito e nel corpo: nello spirito, poiché i bambini sono cinici e spesso sono i primi a discriminare e a venire discriminati; nel corpo, poiché molti dei protagonisti, soprattutto gli amici del protagonista, sono affetti da orribile malattia e malformazioni. È una deformazione della società attuale?
I bambini sono un prodotto della società attuale. “Brian The Brain” vuole dare una rappresentazione della società contemporanea, sia nei personaggi adulti che nei personaggi bambini. Sicuramente l’effetto inquietante è nel vedere che la cattiveria e la conicità aumenta di generazione in generazione.
In contrapposizione alle tematiche forti delle tue opere, il tuo stile di disegno è invece asettico, freddo, come se non ci fosse coinvolgimento.
La cosa è intenzionale. Come ho già detto, non sono un predicatore, non faccio sermoni. Voglio emozionare, ma non predicare. Il complimento più bello che mi abbiano mai fatto è stato quello di un lettore proprio qui a Napoli cinque anni fa: “Grazie per farmi pensare senza dirmi cosa devo fare“.
Riferimenti
Recensione di “The Complete Brian The Brain” su LoSpazioBianco.it
